Angelo e Silvia sono sposati da molti anni, vittime di un matrimonio infelice e schiavi dello stabilimento balneare che si ostinano a tenere aperto anche in inverno, benché ci siano pochi avventori.
Un pomeriggio, quando tutto sembra come sospeso nell’attesa dell’imbrunire, un signore distinto entra nel locale: dice di essere in pericolo e, scolandosi mezza bottiglia di cognac, chiede ospitalità per la notte. I due proprietari, presi alla sprovvista, decidono di fidarsi e lo accolgono: Bobo, questo il suo nome, è gentile e inoffensivo. Eppure, proprio lui sarà la chiave di volta che sconvolgerà per sempre le loro vite.
Tutto il passato della coppia e tutti i segreti di Angelo – il vizio per le scommesse, la crisi finanziaria che mette in pericolo lo stabilimento, il desiderio di scappare via con la giovane e affascinante Zena, i prestiti mai ripagati contratti con l’amante di trent’anni prima, la Rossa –, tutto torna a galla e cambia le carte in tavola: proprio quando sembrerebbe che la vita possa ancora regalare delle gioie, ecco che l’inganno, la menzogna, i tradimenti di allora pretendono di essere risolti, e fanno pagare caro il loro prezzo.
Un noir brillante, intenso, crudo, serrato. Una scrittura limpida e chirurgica. Questo romanzo racconta la storia di un uomo che, quando si trova sull’orlo di un baratro che non era riuscito a prevedere, è costretto a fare i conti, da solo, con una realtà enigmatica e scostante e, in un lampo di lucidità, rivive tutta la disillusione e l’affanno che ha inutilmente cercato di ignorare.
Book details
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Original text
Yes -
Language
Italian -
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About the author
Claudio Grattacaso
Claudio Grattacaso (1962) è insegnante. La linea di fondo, il suo primo romanzo, è stato segnalato dal comitato di lettura del premio Italo Calvino nell’edizione 2013. Nel 2017 ha pubblicato La notte che ci viene incontro. È autore teatrale. La sua ultima commedia, L’acquario, ha ricevuto la menzione speciale al premio nazionale Achille Campanile 2019 ed è stata messa in scena dalla Compagnia dell’Eclissi di Salerno.
L’incapacità di sentirmi sazio era la mia bella schifezza con cui fare i conti. Ero un malato, della razza peggiore, di quelli che non ne vogliono sapere di guarire.