Prigioniere Storie di donne, delitti d'onore e Islam

Prigioniere

Storie di donne, delitti d'onore e Islam

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«Ho sempre desiderato conoscere i motivi per cui una donna arriva a uccidere suo marito, suo fratello, i suoi figli, il suo innamorato… l’ho visto accadere solo nei film.»

La più controversa attivista per i diritti umani del mondo arabo racconta le storie terribili ed esemplari delle sue compagne di carcere, per denunciare la condizione femminile nell’Islam. Il libro si apre con un prologo in cui Amina si trova in carcere in attesa di processo per aver postato una sua foto a seno nudo. La prima notte conosce una ragazza, Bessma, che ha assassinato il fratello. Bessma significa sorriso, ma la ragazza non ha sorrisi sulle su labbra e Amina si chiede cosa può spingere una donna ad ammazzare un fratello, un uomo del suo stesso sangue. La risposta che le dà Bessna è sconvolgente: per essere libera di amare. Profondamente turbata, Amina decide di raccontare le vicende delle altre detenute e delle loro storie. Conosciamo Iman, raggirata da un uomo che prima la seduce e poi l’abbandona, Hana, Nahed, Zohra, Monia, in carcere per avere ucciso i suoi due figli. Mandata in sposa dalla famiglia a un cugino violento che le rende la vita un inferno fin dalla notte di nozze, mette al mondo due bambini che per via del matrimonio tra consanguinei hanno entrambi gravi disturbi mentali. Per salvarli dalla violenza del marito, Monia decide di uccidersi insieme a loro con un potente sonnifero, ma sopravvive. Sono storie vere, raccolte e raccontate in prima persona da una ragazza che ha fatto della lotta e dell’emancipazione femminile la sua principale ragione di vita. È un viaggio terribile, ma anche commovente e illuminante all’interno delle carceri tunisine e in fondo all’anima di queste donne maltratatte, abusate, sottomesse nell’Islam più fanatico e arretrato, nel quale la condizione femminile è rimasta come congelata nel Medioevo.

Book details

About the author

Amina Sboui

AMINA SBOUI, nota anche come Amina Tyler, è un’attivista tunisina di ventiquattro anni che, dopo aver vissuto qualche anno a Parigi in seguito alle violente polemiche generate dalla sua attività all’interno del gruppo Femen, ora è tornata nella patria d’origine, a Sidi Bou Said, un villaggio sulle rive del Mediterraneo, dove nella sua casa ospita una dozzina fra gay, transgender e lesbiche perseguitati per ragioni di orientamento sessuale. Femminista e blogger da quando aveva solo diciannove anni, figlia di un medico e di un’insegnante, era una liceale quando ha diffuso su Facebook una sua fotografia a seno nudo, accompagnata dalla scritta «Il mio corpo mi appartiene». Dopo lo scalpore generato da questa forma di protesta, la sua vita è cambiata radicalmente, e questo libro, nato dietro le sbarre del carcere tunisino dove è finita dopo il suo atto provocatorio e rivoluzionario, ne è una prova.

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