Nella fantasia di molti occidentali, la Birmania è una terra di grande fascino, di storie preziose, di incanti velati, ma in realtà questo Paese è il primo esportatore di metanfetamine al mondo e il secondo per il traffico di oppio. Un Paese che per mezzo secolo è stato oppresso da una sanguinosa dittatura militare, che ha governato attraverso il lavoro forzato, violenze, stupri e deportazioni, e che ha tenuto per quindici anni agli arresti domiciliari Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace e simbolo della resistenza democratica e non violenta. Con le elezioni politiche dell’8 novembre 2015 il Paese ha scelto in modo irreversibile la strada della piena democrazia. Un cambiamento epocale nella storia politica della Birmania. Questo libro racconta le vicissitudini e la fuga rocambolesca all’estero di alcuni dei protagonisti politici e sindacali dell’opposizione. Nato dal lungo lavoro di collaborazione dell’autrice con alcuni di loro, Il Pavone e i generali ci presenta un intreccio di vicende attraverso le quali scorre anche la storia politica e sociale della Birmania, dal dopoguerra a oggi, la brutalità e la repressione di questa dittatura di fronte alla quale molti governi hanno chiuso gli occhi e l’inizio del cambiamento. È la storia dei sentimenti e delle emozioni di uomini e donne che, per uno scherzo amaro del destino, sono stati costretti a trasformare la loro vita, ad abbandonare i loro amori, i figli, le famiglie, i loro progetti di lavoro, per diventare protagonisti dell’opposizione al regime dei cosiddetti «macellai di Rangoon». Ma è anche il racconto della loro vittoria per aver creduto nella possibilità di cambiare la storia e costruire una Birmania libera e democratica.
«Un lucido, documentato e appassionato gesto d’amore verso un popolo in gabbia. Una buona opportunità per informarsi e svegliare le coscienze sul caso birmano.» Alberto Negri, Il Sole 24 Ore
«Con una narrazione appassionata e non priva di retorica, l’autrice ci offre ritratti di figure altrimenti condannate all’oblio.» Romeo Orlandi, Il Manifesto
«La leader birmana, ha mostrato tutta la sua forza e la sua energia ed è stata ricompensata dal suo popolo, ma sa che nulla potrà definitivamente cambiare se non si intaccherà il potere politico ed economico che la vecchia giunta ha incardinato nella Costituzione del 2008. Suu Kyi sa che il lavoro sarà lungo e difficile, e per nulla scontato. Già immediatamente dopo le elezioni, in una sua lettera al Presidente Thein Sein, al capo supremo delle forze armate e al portavoce del Parlamento, chiedeva una collaborazione per attuare la transizione e perché fossero rispettati i voleri del popolo. E subito è nato il Comitato congiunto per il Dialogo Politico con le Nazionalità Etniche. La locomotiva del cambiamento è partita. Porta vagoni carichi di speranze, di giovani in cerca di un futuro. Vagoni carichi di sofferenze e di sfiducia che bisognerà placare. Ci vorrà molta energia per far marciare senza intralci il treno del cambiamento. Ma le straordinarie energie che si sono finalmente sprigionate con la giornata dell’8 novembre, non potranno più essere rimesse in gabbia. Il genio della libertà è finalmente fuggito dalla bottiglia e sarà impossibile rimetterlo dentro.Dettagli libro
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Editore
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Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Lingua originale
Italiano -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
256 -
Argomento
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Collana